Il jazz contemporaneo, in base alla progettazione, può essere facilmente suddiviso in cose che hai sentito prima e cose che non hai sentito prima. Se questo suona come semplicistico, e forse lo è, allora pensa a un album jazz che non sia un tributo a tradizioni e composizioni passate o un’avventura nell’ignoto. Quest’ultimo gruppo, quello che guida lo slancio del jazz, può essere problematico per gli ascoltatori occasionali (si pensi a generi jazz liberi o sperimentali), ma ci sono momenti in cui è arrivato essere semplicemente originale, come nel caso del chitarrista Matt Panayides e del suo nuovo album Field Theory. Matt Panayides non è così lontano che ti chiederai se tornerà mai, ma sta facendo jazz che sfugge alle descrizioni. Non è musica esteriormente strana o diversa, ma il suo quintetto (Rich Perry al sax tenore, Robert Sabin al basso, Mark Ferber alla batteria e – ecco una svolta – Matt Vashlishan al sintetizzatore a fiato) è pieno di idee, quelle che ti accompagnano in un quartiere dove tutte le case sembrano un po ‘diverse dal normale, un insieme di forme e luci che ti informano della tua improvvisa partenza dalla familiarità. Questo è il terzo album per Matt Panayides, ma il suo […]